2/09/2007

Di sole si muove.

Accadde che il tizio, quello seduto in fondo, si alzasse. Tutti rimasero. Gli altri erano già. Andati. Dopo la chiusura delle case. Il caso molle. Mica per sempre. Come un martirio. Equivalenza bipolare. Di cavalli psichici. E di elettricità. Quando volte la riga si fa. Cammini meglio di quanto pensassi. Scusa mi suona la campana. È giunta la mia suora. Tocca colore che poi devo andare. Sempre quest’ansia. Di scontentezza. Ci sarà un giorno radioattivo. E la sorte riunirà i migliori sotto l’egida dello sconcerto. Per quello che videro. La statura del tizio. Ineccepibile. Puntura d’orecchio. Prima o voi a capo. Andiamo a fare un giro? Manca poco alla fine della seta. Meno male che fuori c’è. Iole.

2/08/2007

Le vene tagliole.

Sono quelle. Visto sul margine. Di un piede. Marcia. Senza fermarti. I fermenti si fermano quando il latte viene. E le vecchie adagiano sulla stufa il canto per campare. Nei campi si continua a morire. Direbbe un muratore. Ignorando i ponti. Da costruire. Il materiale da impiegare. Fatelo voi il corso d’acqua. Tremo di non avere i requisiti. Il poliziotto volente o morente. Nazionali immobili. Come volute dal fumo. Prodotto dal ventre. Lascia che viene dal basso. Vento magari sento oppure lento. Come se fosse vero. Invece ha l’amore tra i piedi. Piombo fuso sui comignoli. Non invecchia che il colpo. Di una sera passata a tirare testate. Sul muro. Contro muro. E non è più l’ottantanove. Fight for your might, baby.

2/06/2007

Alle falde della madonna.
Alcuni giorni che passano. Sangue dalle scarpe. Piedi. E figli. Di tutti. Non è poi così difficile. Riempire il mondo di marmo. Con o senza occhi. Uscire prima per chiedere un permesso. Non troverai qualcuno a casa. Non hai che una taverna. Di legno marcio. Secco. Secondo lui le luci. Vanno tenute accese. Anche di sera. Si ma lei come fa a vedere. Penso di non avere bisogno. Tantomeno delle consonanti. Basto a se. Basto a ne. Bastone sulla schiena. E pedalare. La bici è fatica. Ecco perché non dormo più. Da quando mi hanno portato via. Letto e riletto. Lei non c’è mai stata. In camera mia. Madonna che sonno. Che sono.

2/05/2007

In due si gode meglio.
Pensavo alle tre di ieri. C’eri? Affollato. Sul treno di ieri c’era una che fissava. Un monitor intelligente. Torme di gente fissata. Che in tre sia meglio. È la materia. Sembra dire di si. Matematico. In tre è magico. I tre magi. Il numero per fette. Di pane azzimo. In tre i re magi erano meglio. Da quando in quando. Sono due. Solo. Sono solo. A godere. Meglio. Non devo pensare. Niente altro che il piacere. Da dare. Dada. È il piacere. Il resto e dispari. Come il tuono. Odino e il tuono del mare. Nordico come le nubi. Al sud si suda. Su dai pensa anche a me. Non mi fare. Male. Assenza di bene. Da considerare male. In due come una mela. Forma per fetta. Dipanare la nebbia. Al sud. Sudare freddo. Al nord. Si lavora. Di meno. Pausa si muore. Noi vogliamo andare. Go. Dere.
Lettere alla paraffina.
Un mattino soleggiato da far sciogliere i glutei. Torbidi raggi, finestre opache, devo lavare i vetri. Appeso alla corsa c’è un arrampicatore. Cerca di entrare in casa. Lo prendiamo a pedate. Ti vedo per la prima volta. Sai con chi passi le notti? Salta l’impianto elettrico e tu sei immobile, andrai a pile. Esco. Lui che origlia. Aspettava, non così presto. Gli sanguina il naso. Il pronto soccorso è in fondo a destra. Implora. Gli assestiamo un paio di colpi. Sulla dentatura. E siamo nuovamente insieme. Non rispondo più. Non ho modo di sapere se farò ritorno qui. Nessun luogo è sano. A spasso lungo escrementi canini. Come i denti saltati al testimone. Quello che voleva aiutarci. Un consulente. Senza portafoglio. Lo ha smarrito sull’autobus. Causa improvviso addensamento di luoghi comuni. Sugli extracomunitari. Che non sono gli unici a delinquere. All’occorrenza mi ci metto anche io. Sull’autobus. A fregare pagliacci. Di stoffa. La campana suona dodici rintocchi. Chiudo le labbra. Ora lavoro. Per il pane. Che non mangio. Per il tempo. Che non impiego. Esuberanza, please.