1/03/2008

arte simultanea

L'arte più recente ha conquistato spazi sempre più cospicui nei media, soprattutto nei suoi aspetti più legati al mercato. Riviste specializzate, periodici di ogni tipo e siti internet, si sono precipitati su una preda per la verità piuttosto consenziente, offrendo il consueto menu di copertine ammiccanti, classifiche, pose glamour, siparietti, rivelazioni finto esclusive. L’arte recentissima non ha più bisogno di sedimentare. Ammuffire in qualche cantina. Solaio. Sala da pranzo. Entra direttamente in negozio. L’arte simultanea nel momento in cui se ne scrive è già vecchia. Nessuno - artista, critico o semplice spettatore - può dirsi estraneo a una metamorfosi che riconfigura radicalmente, come accade del resto in altri campi della produzione culturale, il significato e il valore dell'operazione artistica, ben al di là del tradizionalmente incestuoso rapporto arte-denaro. Da tempo assistiamo, un po' affascinati e un po' sgomenti, all'omologazione ai meccanismi del mercato di ogni alterità, di ogni possibile opposizione. Resta il problema di come affrontare questa trasformazione. Compito non semplice, anzi impervio, per affrontare il quale la condizione minima è persistere a cercare nelle opere, in quelle attuali e in quelle del passato, un fattore di trasformazione della vita, un elemento di critica dell'esistente, un agente di mutamento e di apertura capace di scalfire, oggi, l'orizzonte incurvato dell'immaginario mediatico, rinnovando, in forme politicamente responsabili, l'antico patto tra percezione, pensiero e azione.
Non cambia, in definitiva, il diritto/dovere di scegliere e motivare, di disegnare percorsi, di trarre dalle opere alimento per nuove ipotesi di comprensione e trasformazione del reale. Il prezzo è troppo basso!», l’artista. Perché? Perché l'acquisto di opere d'arte ha a che fare con il desiderio di immortalità, e quindi con la morte, perché la condizione postmoderna ci impone di pensare insieme la costruzione di un'opera e il suo dissolvimento nella rete di relazioni che le danno significato e sostanza. E - si potrebbe aggiungere - perché, ancora più a fondo, l'arte mostra oggi forse nel suo stato più puro il potere della «fantasmagoria della merce» su cui rifletteva Benjamin, anzi la trasformazione della merce in cultura, senza più alcuna mediazione, alcuna distanza. Indice credibile dello spostamento duchampiano tra «cosa qualsiasi» e «opera d'arte» in un'epoca in cui il valore è direttamente esprimibile in termini economici, senza necessità (in apparenza almeno) di convocare un fondamento linguistico o filosofico.