11/24/2006

che ore sono? le sette sataniche...

Una vera setta dovrebbe prestare attenzione alla disperazione che mina i suoi adepti, come una malattia che la scienza e la tecnica preferiscono ignorare in quanto esse stesse potrebbero esserne la causa, e per curare la quale rimangono senza rimedi. Di che cosa soffrono dunque i satanisti? Prima di tutto dell´angoscia provocata da pericoli che mettono a rischio il nostro pianeta. Poi di aggressioni continue, che subiscono i corpi e i sensi a causa dei diversi tipi di inquinamento ai quali sono esposti. E ancora: delle violenze e delle guerre che minacciano loro e i loro simili, e in rapporto alle quali non possono far sentire la loro voce. Per di più, subiscono incessanti bombardamenti, da parte dei media, di informazioni le une più drammatiche delle altre. Senza dimenticare l´obbligo di assimilare un nutrimento, materiale o spirituale, più o meno adulterato o sofisticato.

11/23/2006

Lunedì cinquantotto feriti, alcuni gravi, in scontri con la Polizia Federale Preventiva (PFP). Martedì trenta uomini armati hanno fatto irruzione nell'atrio della casa di Domenico Guzmán, leader della rivolta. Hanno incendiato e distrutto la sede principale della CAZI, comunita anarchica zanni incazzati, che esige le dimissioni del Presidente. Nell'accampamento dormivano solo quindici persone e non ci sono stati feriti ma, secondo uno dei portavoce della CAZI, gli assalitori erano elementi in abiti civili della polizia locale, che fa capo al Presidente e che è considerata da molteplici osservatori indipendenti come responsabile di almeno quattordici dei diciassette morti dall'inizio del conflitto. Ne è convinta Sara, responsabile della Rete per i diritti umani: «Dei 17 morti registrati finora, 16 sono membri o vicini o familiari di membri della CAZI; 14 sono stati uccisi da sicari, sgozzati, o morti a causa di pallottole sparate da civili riconducibili al Presidente verso abitazioni civili, installazioni o barricate. Due sono morti negli scontri di fine ottobre a causa di colpi sparati dalla PFP e un morto risultava essere del PRI, principio rivoluzionario indipendente». Dopo il colpo di stato del Presidente, il movimento si trasforma in un laboratorio politico che mette in discussione le istituzioni stesse. Centinaia di organizzazioni politiche e sindacali si ritrovano sotto le bandiere della CAZI. Contro il movimento la Polizia ha agito con violenza. Ha violato la sede dell'Università e fatto tacere la voce della Radio . Questa ha coordinato per giorni le centinaia di barricate montate dalla popolazione nella città che, applicando spesso modelli di resistenza passiva, ha impedito il passaggio alle forze dell'ordine.

11/22/2006

"Degli anni Settanta si ricorda solo la violenza. Perché non ci fu altro". Così scrive un povero uomo sul giornale di mio padre, rilanciando il luogo comune del decennio di piombo, contrapponendolo a quello successivo, gli anni '80, che invece «liberarono la nazione dall'epoca degli agguati». E poi giù una serie di banalità e di false storie, condite dal «deserto dell'immaginazione e della creatività» che avremmo conosciuto nei '70.Ognuno ha la sua memoria, quella del ehm ehm “giornalista” in questione accompagna le tante e prevalenti che ricostruiscono la storia a uso e consumo del presente. Perché se la nostra vita deve essere ridotta a parentesi elettorale tra lunghi silenzi rotti solo da brusii televisivi, perché se il cittadino si traduce in consumatore, allora quegli anni diventano fastidiosi ben al di là delle loro tragedie di sangue, che rimangono - appunto - un prodotto da far consumare ai contemporanei.Tanto peggio, allora, per lo statuto dei lavoratori e i consigli di fabbrica, per la riforma sanitaria e le leggi su divorzio e aborto, per le «utopie» partecipative, per le piazze in cui storie e classi diverse si incontravano e mescolavano, per il femminismo e l'ambientalismo che in quegli anni conoscevano una nuova vita. Via tutto, dalle conquiste civili e sociali alla produzione culturale: tutto cancellato dal sangue e dalla P38. Ma non è tanto una rimozione o l'ultima puntata del revisionismo cui ci hanno abituato. E' una «ricostruzione» che parla al presente, è l'asserzione di un modello politico e culturale che non casualmente enfatizza gli anni Ottanta: il silenzio che sostituisce la parola. Se degli anni Settanta non vogliono ricordare altro che la violenza è perché «l'altro» è stato cancellato, soppresso, ucciso. Dal sangue e dalle parole. Quelle che oggi ci chiedono di starcene chiusi in casa, per non disturbare chi ci racconta la storia e ci gestisce la vita.