7/27/2007

contro l'attualità

Il nazifascismo è cresciuto nei paesi dell'anello debole del liberalismo continentale, l'Italia e la Germania, che avevano a loro tempo respinto l'illuminismo francese. La Germania fu mozzata in due. L’Italia fu unita con il cemento. Colate di cemento sul collo dei padri. Troppo occupati. Una volta fatto un figlio tutto si aggiustava. Una volta. Ma vuoi mettere il potere d’acquisto dell’uomo a una dimensione? Ah, l’attualità! Degradarsi a seguire le piroette di qualcun altro. Che giochi a pallone, che sia un pallone, che mandi nel pallone. Il pallone è ovunque. Paradigma (qualunque cosa voglia dire) della tanto esecrata attualità. Come la droga. Di stato. Imbevuti di attualità ci schiantiamo volentieri contro un palo della luce. Fumati di notizie è lieve il volo dal settimo piano. Invito alla fuga nell'introspezione, massicce dosi di «rinuncia al mondo» e una sostanziale propensione ad adattarsi allo stesso. Contro l’attualità. A chi voglia dare avvio a una nuova impresa o a un filone di sperimentazioni, «smarcarsi» da qualcosa - o entrare in una dinamica di controversie con un avversario classificato come immobile e tradizionalista - serve per raggranellare un minimo profilo identitario, per farsi coraggio e per occupare (più spesso: per annunciare solennemente di essere sul punto di occupare) uno spazio lasciato vuoto. Occupiamo lo spazio lasciato vuoto dalla mancanza di attualità. Come sopperire al bisogno di sapere, del tutto disatteso da giornali e tv?

7/25/2007

I cimiteri sono pieni di persone insostituibili (G. Clemenceau)

Qui si parla dell'emergere di una cultura narcisista, decadente e nichilista. Quella del blog. I blogger non rappresentano altro che se stessi. E in questo senso livellano, azzerano le strutture centralizzate di senso. La cultura blog è soprattutto maschile, bianca, conservatrice. Nella cosiddetta blogosfera vige l’autoreferenzialità più assoluta. Vedi l’ossessione per le statistiche, i numeri. Perché coltivare atteggiamenti narcisistici e ossessivi del sé? La natura dell'amor proprio e di questo "io" umano è di non amare che sé e di non considerare che sé. Ma come farà? Non può impedire che questo oggetto del suo amore non sia pieno di difetti e di miserie: vuole essere grande e si vede meschino; vuole essere felice e si vede miserabile; vuole essere perfetto e si vede pieno d'imperfezioni; vuole essere l'oggetto dell'amore e della stima degli uomini e vede che i suoi difetti non meritano che la loro avversione e il loro disprezzo. Questa difficoltà in cui si imbatte provoca in lui la più ingiusta e criminosa passione che si possa immaginare; perché egli concepisce un odio mortale contro questa verità che lo rimprovera e lo convince dei suoi difetti. Desidererebbe annientarla e, non potendo distruggerla in se stessa, la distrugge, in quanto può, nella conoscenza sua e in quella degli altri, cioè mette tutto il suo impegno nel coprire i propri difetti agli altri e a se stesso e non può tollerare che glieli vengano mostrati né che vengano mostrati ad altri. Diceva Pascal. Il piacere che prendiamo a parlare di noi stessi ci deve far temere che non ne stiamo dando nessuno a chi ci ascolta. L'amor proprio è il momento fondamentale delle azioni umane. Così François de La Rochefoucauld. La superbia è sottilmente imparentata con l'invidia, poiché il superbo, se da un lato tende a superare gli altri, quando a sua volta è superato non si rassegna, e l'effetto di questa non rassegnazione è l'invidia. È giù caterve di maldicenze. Cui si associano in tanti. È più facile dire male che dire bene. Fa proseliti. Altra prerogativa del “genere” è il conformismo. Uno qualunque posta un commento e i visitatori si limitano ad assentire. Non sono tollerate voci fuori dal coro. Diventano oggetto di vere e proprie aggressioni. Che portano il malcapitato a ripiegare. Su un altro blog. Così all’infinito. Perché la rete è universale. Al pari dell'invidia, anche la superbia ha un carattere "relazionale" nel senso che nessuno si insuperbisce in solitudine, ma sempre in relazione agli altri, di cui ha un assoluto bisogno per poter esprimere nei loro confronti la sua superiorità.