2/05/2007

Lettere alla paraffina.
Un mattino soleggiato da far sciogliere i glutei. Torbidi raggi, finestre opache, devo lavare i vetri. Appeso alla corsa c’è un arrampicatore. Cerca di entrare in casa. Lo prendiamo a pedate. Ti vedo per la prima volta. Sai con chi passi le notti? Salta l’impianto elettrico e tu sei immobile, andrai a pile. Esco. Lui che origlia. Aspettava, non così presto. Gli sanguina il naso. Il pronto soccorso è in fondo a destra. Implora. Gli assestiamo un paio di colpi. Sulla dentatura. E siamo nuovamente insieme. Non rispondo più. Non ho modo di sapere se farò ritorno qui. Nessun luogo è sano. A spasso lungo escrementi canini. Come i denti saltati al testimone. Quello che voleva aiutarci. Un consulente. Senza portafoglio. Lo ha smarrito sull’autobus. Causa improvviso addensamento di luoghi comuni. Sugli extracomunitari. Che non sono gli unici a delinquere. All’occorrenza mi ci metto anche io. Sull’autobus. A fregare pagliacci. Di stoffa. La campana suona dodici rintocchi. Chiudo le labbra. Ora lavoro. Per il pane. Che non mangio. Per il tempo. Che non impiego. Esuberanza, please.