la morte in diretta
"L'umanità che ai tempi di Omero era oggetto di contemplazione per gli dei dell'Olimpo, ora lo è per se stessa. La sua alienazione da sé ha raggiunto un grado tale da farle vivere la sua propria distruzione come una sensazione estetica di prim'ordine" (Walter Benjamin).
Quando tutto è esposto alla vista non c'è più niente da vedere. E' lo specchio dell'appiattimento, del grado zero, dove - contrariamente a tutti gli obiettivi dichiarati - si dimostra la scomparsa dell'Altro, e fors'anche il fatto che fondamentalmente l'essere umano non è un essere sociale.
Non c'è bisogno di entrare nel doppio virtuale della realtà, ci stiamo già - l'universo televisivo non è altro che un dettaglio olografico della realtà globale. Fin nella nostra esistenza più quotidiana, siamo già in situazione di realtà sperimentale.
La Tv e i media, sempre più incapaci di rendere conto degli avvenimenti (insopportabili) del mondo, ora scoprono la vita quotidiana, la banalità esistenziale come il più distruttivo degli eventi, come l'attualità più violenta, come il luogo stesso del crimine perfetto. E difatti lo è. E la gente è affascinata, affascinata e terrificata dall'indifferenza del Niente-da-dire, Niente-da-fare, dall'indifferenza della sua stessa esistenza.
Non essere Niente, e essere guardato come tale. Si può scomparire in due modi: o si esige di non essere visti (è l'attuale problematica del diritto all'immagine) oppure si finisce nell'esibizionismo delirante della propria nullità. Farsi nullità per essere visti e guardati come nullità - ultima protezione contro la necessità di esistere e l'obbligo di essere se stessi.
L'espressione di sé come forma ultima della confessione, di cui parlava Foucault. Non tenere più nulla per sé. Parlare, parlare, comunicare instancabilmente: questa la violenza perpetrata contro l'essere singolare e il suo segreto.
In quest'oscenità, in quest'impudicizia, il peggio è la condivisione forzata, quella complicità automatica dello spettatore che risulta da un vero e proprio ricatto. Questo l'obiettivo più chiaro dell'operazione: l'asservimento delle vittime - ma un asservimento volontario, di chi gode del male subito, della vergogna che gli viene imposta. E il colmo è che tutta una società condivide il suo meccanismo fondamentale: l'esclusione interattiva! Decisa in comune, consumata con entusiasmo. Se tutto finisce nella visibilità, la quale - come il calore nella teoria nell'energia - è la forma più degradata dell'esistenza, il punto cruciale è riuscire a fare di questa perdita di ogni spazio simbolico, di questa forma estrema di disincanto della vita, un oggetto di contemplazione, di raccapriccio e di desiderio perverso.
Quando tutto è esposto alla vista non c'è più niente da vedere. E' lo specchio dell'appiattimento, del grado zero, dove - contrariamente a tutti gli obiettivi dichiarati - si dimostra la scomparsa dell'Altro, e fors'anche il fatto che fondamentalmente l'essere umano non è un essere sociale.
Non c'è bisogno di entrare nel doppio virtuale della realtà, ci stiamo già - l'universo televisivo non è altro che un dettaglio olografico della realtà globale. Fin nella nostra esistenza più quotidiana, siamo già in situazione di realtà sperimentale.
La Tv e i media, sempre più incapaci di rendere conto degli avvenimenti (insopportabili) del mondo, ora scoprono la vita quotidiana, la banalità esistenziale come il più distruttivo degli eventi, come l'attualità più violenta, come il luogo stesso del crimine perfetto. E difatti lo è. E la gente è affascinata, affascinata e terrificata dall'indifferenza del Niente-da-dire, Niente-da-fare, dall'indifferenza della sua stessa esistenza.
Non essere Niente, e essere guardato come tale. Si può scomparire in due modi: o si esige di non essere visti (è l'attuale problematica del diritto all'immagine) oppure si finisce nell'esibizionismo delirante della propria nullità. Farsi nullità per essere visti e guardati come nullità - ultima protezione contro la necessità di esistere e l'obbligo di essere se stessi.
L'espressione di sé come forma ultima della confessione, di cui parlava Foucault. Non tenere più nulla per sé. Parlare, parlare, comunicare instancabilmente: questa la violenza perpetrata contro l'essere singolare e il suo segreto.
In quest'oscenità, in quest'impudicizia, il peggio è la condivisione forzata, quella complicità automatica dello spettatore che risulta da un vero e proprio ricatto. Questo l'obiettivo più chiaro dell'operazione: l'asservimento delle vittime - ma un asservimento volontario, di chi gode del male subito, della vergogna che gli viene imposta. E il colmo è che tutta una società condivide il suo meccanismo fondamentale: l'esclusione interattiva! Decisa in comune, consumata con entusiasmo. Se tutto finisce nella visibilità, la quale - come il calore nella teoria nell'energia - è la forma più degradata dell'esistenza, il punto cruciale è riuscire a fare di questa perdita di ogni spazio simbolico, di questa forma estrema di disincanto della vita, un oggetto di contemplazione, di raccapriccio e di desiderio perverso.
12 Comments:
mmmm
non mi avere avvertito!
shorbole!
e daije oliver pesta duro non come quel mio amico che si era aperto un blog e poi non lo aggiornava maui
il presunto attacco del tycoon
è l'ultimo capitolo della mistificazione del reale al quale siamo sottoposti smaterializzazione dell'eistente in favore di un mondo fantasma in cui nulla è vero se non il consolidarsi di un'oligarchia deliquente
TERRORE DISTRUZIONE MORTE
ALLEGRIAAAA!!!
c'hai raggione mike dobbiamo rimboccarci le maniche e...
romperti il culo brutto cane malato leccapiedi baciapile cocainomane
uff.. come siete nervosii
...chi non lavoraa non fa l'amoree...
tutti morti
non si può morire 2 volte
chiedilo a jesus christ superstar
ciau!
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